lunedì 27 aprile 2009

Sul metodo

Si parla del “metodo”, quel che deve o non deve fare un rivoluzionario e delle “azioni e/o forme organizzative”, perché non costa altro che saliva, invece di darsi da fare e sporcarsi le mani. Se alle opinioni facessero seguito processi giudiziari e carcere vedrai come la gran maggioranza smetterebbe rapidamente di parlare/pontificare.

Si pensi, ad esempio, al controverso tema dei “sequestri” (reali o fittizi) e si prendano alcuni “casi” per dibattere su questo metodo ubicandolo in contesti precisi/concreti: il sequestro dei carcerieri da parte dei detenuti, il “sequestro” dei dirigenti delle aziende (come gli ultimi in Francia ed in Belgio) da parte dei lavoratori in lotta, il “sequestro” spontaneo che io e José abbiamo fatto in Germania per fuggire dalla polizia/carcere, il sequestro di Georgos Mylonas da parte di alcuni compagni in Grecia e ancora in Grecia il sequestro di un pilota d'elicottero per liberare Vassilis Paleokostas...

Si provi a “discutere” su questo in Internet e si vedrà la quantità di stupidaggini in rete. No, queste cose si possono solo discutere in maniera interna con quei compagni che sono suscettibili di essere affini e non con una massa di anonimi “cibernauti”... in fin dei conti lo scopo del dibattito è l'azione, non l'esibizionismo.

In tutti questi “casi” il metodo utilizzato è il sequestro... (o, meglio, il trattenimento di persone) ma quel che interessa di una discussione non è il “metodo in sé” bensì la finalità che si persegue in ogni azione, così come la sua efficacia. Se perdiamo di vista tutti i fattori e le circostanze: oggettivi e soggettivi, teorici e pratici, ovvero dialettici, non hanno senso la discussione e l'analisi sui metodi.

Che “finalità” cercano i detenuti che trattengono i loro sequestratori? Che “finalità” cercano i lavoratori che trattengono i loro sfruttatori? Che “finalità” ha avuto il trattenimento di persone che io e José abbiamo “sequestrato”? Che “finalità” il sequestro dell'oligarca Mylonas? Che “finalità” il trattenimento del pilota da parte degli amici di Vassilis? L'azione parla da sé.

Come s'intende il “metodo in sé” non ci dice molto, perché gli obiettivi e i fini d'ogni azione sono diversi; tuttavia, io trovo in ogni “caso” menzionato una giustificazione ragionevole e legittima.

Penso che siano i fatti nella loro totalità quelli che possono servire per farci un'idea se il metodo posto in pratica sia stato adeguato o meno, o se ve n'era un altro più efficace per quell'azione...

Solo dopo aver analizzato tutto questo (da tutte le prospettive ragionevoli e materiali a disposizione dei compagni che hanno effettuato l'azione) posso esprimere le mie opinioni, la mia simpatia e/o rifiuto dell'azione e dei metodi utilizzati...

E anche considerando che io pensassi che ci siano metodi più efficaci per effettuare un'azione, GIAMMAI criticherei per questo dei compagni che hanno osato mettere in pratica il loro progetto rivoluzionario.

Ma non vorrei tralasciare altri metodi legittimi nell'agitazione armata, quali “l'esproprio individuale” o “il sabotaggio in tutte le sue forme”... Ovviamente non si tratta di trasformarci in “specialisti” di questi metodi d'agitazione armata, ma nemmeno dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle possibilità che tali cose ci offrono...

Mi piace quanto hanno scritto i compagni anarchici cileni su Ícaro, in tema con quel che qui si sta discutendo... “Sono i gruppi d'affinità intorno all'azione ed il coordinamento informale degli stessi quelli che ci permettono forme qualitativamente diverse di effettuare gli attacchi, non prendendo in considerazione la spettacolarità quantitativa dell'azione, ma la qualità della stessa, ossia la riuscita dell'attacco, lo sviluppo qualitativo e l'esperienza degli individui e del gruppo, l'interruzione della normalità colpita, la propagazione dell'azione, ecc...”

Su questo entriamo in pieno nel progetto della FAI (informale) che a me piace e sul quale ho cercato di avviare una riflessione; ma tutti, senza eccezioni, hanno taciuto... perché? Perché, come ho già scritto, siamo attorniati da parolai e codardi, gente che vuole solo “esprimere il suo parere”, ma senza sporcarsi le mani... Ciò nonostante io continuo, impegnato a riflettere sul serio su questa esperienza/progetto, perché a mio modesto avviso si tratta dell'unico fatto serio e organizzato (in maniera autonoma e federativa) presente in Europa (Italia) negli ultimi 10-20 anni.

Certo, quando un'organizzazione insurrezionale-informale si costituisce come tale e passa all'attacco offensivo ci saranno sempre azioni che non saranno del tutto perfette come vorremmo da rivoluzionari... sia per la mancanza di conoscenze tecniche e/o esperienze, sia per la maniera di redigere il comunicato (il linguaggio che s'utilizza) e/o l'azione in sé... ma ciò si deve proprio al fatto che ogni gruppo è autonomo ed ha i suoi limiti in funzione degli individui che lo costituiscono. Nobody is perfect!

I pochi che hanno osato confrontarsi con me sulla FAI hanno commentato che le azioni erano “spettacolari”... Spettacolari? Che cazzo significa? Overdose di situazionismo? Se le azioni sono “spettacolari” è perché il potere mediatico le utilizza come merce spettacolare, non perché i compagni stiano cercando il protagonismo... Allora, le azioni dovrebbero essere anonime?

Alcuni, invece, mi hanno detto: “le azioni devono essere così evidenti al punto che non c'è alcun bisogno di spiegarle o rivendicarle”... Se ci trovassimo negli anni '60 - '70 sarebbe proprio così, quando non c'era la società di massa e si aveva a che fare con una società di classe ed un proletariato cosciente... Qualcuno crede che dopo questa dittatura tecnologica “la gente” capisca il significato e l'evidenza di ogni azione? Veramente a me questa storia della “gente”, della “società” (di massa), del “movimento” non importa un cazzo... e si badi bene che non sono un Nichilista!!

Mi trovo dall'età di 16 anni nei “ri-formatori” e nelle “prigioni” (e sto per compierne 42), sono un proletario rivoluzionario “educato” nel ventre della Bestia e non nel seno di qualsivoglia “movimento” e per questo la mia coscienza e l'odio di classe non sono equiparabili a quelli dell'immensa maggioranza di “anarchici” da salotto che cercano più il parlare per discutere che discutere per attaccare questo sistema criminale.

Non ha senso prendere tutte queste cose separatamente senza contestualizzarle in un progetto concreto e specifico. Per me le teorie (anarchica-comunista-marxista, ecc... ) sono “strumenti” a disposizione del progetto che voglio mettere in pratica, idem per i metodi.

Se io volessi solamente ammazzare-espropriare-sequestrare, non mi preoccuperei di argomentazioni e teorie ideologiche, sarei un bandito al 100% e basta. Come rivoluzionario in guerra contro l'esistente sono conscio che dovrò ammazzare-espropriare-sequestrare se il mio progetto lo richiede... non perché gioisco di tali metodi, ma perché in ogni momento si deve fare quel che è pratico ed efficace nella lotta rivoluzionaria. Si tratta di “mali” necessari.

Noi dobbiamo pensare, parlare, discutere ed agire, senza complessi né paure. Noi vogliamo distruggere l'esistente per costruire un mondo nuovo e per questo dobbiamo attaccare, distruggere ed eliminare i suoi simboli, le sue strutture e i suoi sbirri. Noi vogliamo "de-massificare" questa società di consumo per dar vita ad una società di classe che ci permetta una lotta di classe. Noi aspiriamo ad una rivoluzione libertaria che ci permetta di organizzare una società/esistenza libera e... orizzontale.

Per riuscirci dobbiamo esser capaci di farci carico delle conseguenze del nostro impegno, ci piaccia o no.


aprile 2009
Gabriel Pombo Da Silva

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