mercoledì 31 marzo 2010

Carta de Txema Pirla

fonte: boletintokata.wordpress.com

Bueno, respecto al tema de las huelgas y demás [1], deberéis permitirme mantenerme al margen, tanto por salud como por posición política. A los 16 años me corté por primera vez las venas, por desgracia, dudo que alguien tenga mucha más experiencia que yo y, por aquí, camarada, no vamos a ninguna parte. Sí me parece bien algo de tanto en tanto, testimonial y para sabernos juntxs, pero nada más. No quita que respete y aplauda la combatividad de lxs camaradas que desde las mazmorras de los estados, intentan y consiguen hacerse oír por un instante en el vasto mundo de la información.
Yo no tengo la respuesta, aunque tengo mis ideas. Canalicemos las fuerzas para que nuestrxs compañerxs no estén en la cárcel y puedan estar luchando por la destrucción de éstas/del sistema entero.
Pretender la subversión de los presxs es estar cegado de buenas intenciones o de ignorancia. Y ya me jode, ya.
Mira, el compañero Conejo, José Medina Lomas [2], sí que necesita apoyo urgente. Lleva más de 20 años, tiene cirrosis hepática y lo están tratando desde hace un año cada vez peor. No le entregan el correo, o le hacen firmar un certificado y en sus morros no se lo dan. Le quitan la luz y el agua caliente de la celda. El peculio, a destiempo siempre, negación de auxilio médico. Vamos todo lo que parecería un cuadro de persecución paranoica sino fuera porque tenemos testimonio de primera mano de compañeros que están ahí.
No sé, intentad agobiar con faxes, e-mails al juez de vigilancia y a la prisión, escribidle por certificado. A ver si conseguimos que no nos lo maten.
Bueno, un abrazo fraterno y un saludo libertario.
Tu amigo, Txema Pirla.
P.S. He pensado que quizás quieras colgar esta carta. Al fin y al cabo, si opino, debo asumir y someterme a críticas.
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Notas:
[1] Ver Debate Sobre Objetivos Y Formas De Lucha
[2] Ver Desasistencia Médica y Trato Degradante a José Medina Lomas (C. P. Morón)

mercoledì 24 marzo 2010

L'internazionale dei pompieri della rivolta


Il testo che segue, firmato da "Anonimos insurrectos", avanza delle pesanti critiche sul Marzo Anarquista, una serie di incontri/dibattiti attorno all'anarchia che da alcuni anni si tengono a Santiago del Cile. In modo particolare, gli organizzatori di tale incontro vengono criticati per il loro silenzio su quel che è accaduto nel 2009 all'interno del movimento anarchico cileno, con la caduta in combattimento di Mauri, la latitanza di Diego, l'arresto di altri compagni e le perquisizioni negli spazi occupati. Da quel che ci risulta, all'ultimo momento l'edizione di quest'anno del Marzo Anarquista è stata annullata, in seguito al terremoto. Ma le critiche, che condividiamo, sono pur sempre valide. Non solo, ma se si esce dalla dimensione dell'anarchismo cileno e si volge lo sguardo altrove, si capisce che il fenomeno in esame è ubiquitario. I pompieri della rivolta sono presenti in ogni dove, basta una piccola esplosione di felicità ed eccoli al lavoro. Anche in Italia, FAI formale e compagnia si son prodigati nel redigere comunicati stampa per prendere le distanze dal vuoto d'aria che ha scosso i loro cervelli durante gli ultimi attacchi firmati FAI informale. Lo stesso che in Cile, dove i "formali", i cattedratici arrivano a parlare di "bombe giocattolo" e di azioni "spettacolari e violente".
Un discorso a parte meriterebbe lo sciagurato Poder Popular, che per fortuna stenta ad attecchire fuori dall'America latina.
29 marzo: petrolio e dinamite per le strade, anche contro l'Internazionale dei pompieri della rivolta!
Culmine


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Marzo Anarquista: niente di nuovo. Qualcosa sulle cattedre della piattaforma.

Da un po' di tempo dei gruppi anarchici organizzano dei seminari e dei corsi sotto il nome di "Marzo Anarquista", con enfasi e tematiche diverse, ma accomunate dalla stessa linea.
In seguito ad alcune discussioni -reali e virtuali- avvenute lo scorso anno, l'indifferenza che non può essere simulata è tornata ad esser presente in quelli che conducono la lotta con i libri e cercano di trarne profitto e di avere una accettazione dallo Stato-Capitale, ancor meglio se si ottiene un qualche riconoscimento da parte delle Università.
Il Marzo Anarquista si sta facendo conoscere per alcuni aspetti e frasi, spesso scaricate da Internet dai suoi organizzatori, come: "E' passata la moda di uccidere i presidenti". Si tratta del commento di qualche cattedratico, orgoglioso dell'attuale carattere accademico e ben lungi dall'azione che potrebbe avere l'anarchismo (per fortuna, non è un'opinione generalizzata nell'ambiente antiautoritario, che riscatta e valorizza la lotta di compagni del secolo scorso, non considerando una moda compagni come Czolgosz, Bresci, Mateo Morral [1] )
Ci sarà qualcosa di nuovo da dire che non sia stato detto l'anno scorso? Qualcosa in più che replicare, discutere, denudare o in qualche caso insultare? Potranno esser redarguiti per il grossolano silenzio sulla morte del compagno Mauricio Morales, sulla scelta clandestina di Diego Rios, sul carcere per tanti altri compagni, le perquisizioni e le occupazioni di questi ultimi anni?
Alcuni di noi potranno perdere il tempo per redarguirli, divertendosi con le loro vaghe e goffe spiegazioni, ma il sangue ribolle quando non ci sono in gioco solo parole, ma esistenze, pericoli, condanne e brutale repressione. Il loro sorriso burlone in merito alle "bombe giocattolo"[2] con il quale alludevano agli ordigni che i compagni utilizzavano per le azioni, hanno ben precisato da che parte stanno. Da parte nostra, la decisione è stata chiara senza voler toglier spazio al "rispetto per la differenza" (valori così democratici di alcuni anarchici che potrebbero finire per difendere qualsiasi cosa) come ben hanno detto alcuni compagni: Loro non sono nostri compagni.

Anar-ici, con la c o con la k?
Il potere ed i suoi sbirri continuano e non fermano l'offensiva contro quelli che mettono in discussione l'ordine dei ricchi, stavolta approfittando di una nuova edizione del Marzo Anarquista. Diversi giornali iniziano ad allarmare i lettori del pericolo rappresentato da quelle giornate collegandole con il "caso bombas" (una vera e propria infamia giornalistica: colpire l'orgoglio di alcuni cattedratici). Vengono menzionati comunicati e interviste alla stampa borghese, fittizi o meno, che già non ci sorprendono.
Su richiesta dei giornalisti, il sottosegretario agli Interni della precedente amministrazione, Patricio Rossende (celebre su questi temi, dopo il suo fantasioso vertice anarchico internazionale - deformando la settimana di solidarietà con i prigionieri) dichiara: "Non c'è alcun problema da sollevare (rispetto al Marzo Anarquista)... s'è già tenuto negli ultimi 3 anni e nelle stesse condizioni. Non riveste di una pericolosità maggiore rispetto alle edizioni precedenti, in cui è affluita poca gente" e finisce per definire l'iniziativa "di carattere accademico che non hanno alcuno vincolo criminale".
Immaginano la tranquillità di molti tra gli organizzatori nel ricevere il consenso dal potere e non solo da parte del resto della comunità universitaria/intellettuale. Tante parole sputate in cattedre, scritte in testi non invano. Alla fine il potere fa quella differenza che essi stanno insinuando da tempo: accademici/criminali, anarchici, anarkici, organizzati/spontanei, occupazioni artistiche/occupazione violente, sindacalisti/bombaroli, intellettuali/pistoleri, ecc.

Lo spettacolo e la violenza. Che cosa perseguita il potere?
Secondo l'analisi della pubblicazione "El Surco" (numero 13), Marzo Anarquista per il governo sarebbe un tema senza importanza, in quanto il potere si preoccupa e considera pericoloso, senza rendersene conto -a suo avviso- di quanto valgano quelle cattedre.
Potremmo dire che le occupazioni ed i centri autonomi continuamente perquisiti sono spettacolari o violenti? Potremmo plaudire senza renderci conto delle mosse dello Stato nel dire che la sua repressione è diretta solo agli "spettacolari violenti"? Forse la rivendicazione della violenza come strumento legittimo di confronto, appartiene ad un altro contesto -sebbene l'esperienza concreta e reale della lotta sia piuttosto chiara. Le occupazioni ed i centri autonomi sono stati perquisiti non per le azioni "spettacolari e violente", anche se inquadrate nelle indagini sul "caso bombas"; questi spazi sono stati attaccati dalla repressione per la loro pericolosità nella diffusione di idee chiare di confronto con l'autorità. Senza ambiguità lì si difende e si rispetta l'azione diretta, si rivendicano Mauri, Diego ed i compagni detenuti senza vittimismo, senza il trucco con il quale alcuni cercano di mascherare la loro lotta per catturare più seguaci.
Gli spazi non sono attaccati per gli "spettacoli violenti" come alcuni definiscono le azioni incendiarie-esplosive, ma per la decisione e la convinzione nella lotta, come anche per esser dei punti visibili di una guerra (sì, anche se in tanti non lo credono, la guerra sociale è reale). Che l'autorità non s'interessi del Marzo Anarquista si deve a fattori diversi, forse nei manuali di contro-insorgenza c'è la risposta.
Rispetto ad alcuni illusi: molti forum ed altri tipi di attività sono state seguiti da un forte contingente di polizia (a volte sproporzionato in modo ridicolo), ma non sono precisamente "spettacolari e violenti", come anche una costante ed indesiderabile comparsa sulla stampa, pur non trattandosi di forum "clandestini" e "illegali".

Costruendo la grande piattaforma per riformare la società
Diverse organizzazioni, tendenze e soggetti hanno dato forma all'attuale pensiero dietro alla grande organizzazione anarchica, i suoi innumerevoli fallimenti non sono finiti con le ansie di poter "mobilitare le masse" e di stare in fronte al popolo con il proprio simbolo.
Tra esse ve ne sono alcune, come "Corriente de Acción Libertaria" (battezzata, a quanto pare, in un senso più ironico che reale) o "Estrategia Libertaria" che mostrano nella maniera più scarna la socialdemocrazia rivestita di rosso-nero.
Come già detto, il grossolano silenzio dinanzi a diverse situazioni dolorose e repressive nel contesto antiautoritario non s'allontana di molto dall'oblio intenzionale di qualche video-rivista, preferendo evitare i temi complessi e pericolosi. Anche così non si lesinano parole e campagne di sostegno in solidarietà ai compagni prigionieri in altri paesi o di denunciare la repressione che si sta subendo in altri posti. Senza sminuire il doveroso internazionalismo della lotta, sembra che più vicina sia la repressione, più aumenta il timore nel dare la solidarietà.
Essi criticano l'azione, desiderano agglutinare ed organizzare il popolo, vogliono costruire il potere popolare (anarchici bramosi del potere?), socializzare i mezzi di produzione (socializzeremo le macellerie? le industrie distruttrici della terra? la produzioni di beni di lusso?). Rivendicano continuamente le grandi organizzazioni monolitiche del XX secolo in Cile, dimenticandosi dei compagni come Efraín Plaza Olmedo, Antonio Ramon Ramon e diverse azioni di quel periodo[3].
Infine, i loro slogans per il socialismo, mettono in evidenza i loro obiettivi e aspirazioni, ancor più quando si parla esplicitamente di un presunto domani idoneo per passare all'offensiva. Quelli che hanno la brama di dar vita a una grande piattaforma, molto simili a dei partiti politici (ricordiamo che non tutti i partiti sono elettorali) sono i nemici dell'affinità e dell'informalità, sono i nemici della rivolta e del nostro desiderio di distruggere qualsiasi autorità. Ci auguriamo che i compagni non si confondano con queste organizzazioni formali, desiderose di gestire la futura società. Compagni, decidiamoci a scontrarci con il potere con tutte le nostre energie ed in tutti i modi, sappiate che siamo così giganti come solo le energie e le volontà insorgenti ci permettono di esserlo. La distruzione delle loro relazioni e la costruzione di un nuovo mondo hanno bisogno che non si ripetano le formule viziose e che ci si dia alla lotta reale contro quel che ci opprime.
La rivolta non entra nelle loro aule accademiche! A moltiplicare le discussioni orizzontali, fraterne, informali tra eguali!
A Marzo, non seguire i professori e vieni per le strade.
29 marzo, giornata del giovane combattente: Norma Vergara, Ariel Antoniolleti, Andrés Soto Pantoja, Pablo Muñoz, Claudia López, Jhonny Cariqueo, Mauricio Morales..Vivono nella lotta!
.Anonimos insurrectos.

[1] Leon Czolgosz: compagno anarchico che giustiziò il presidente William McKinley degli USA nel 1901, condannato a morte; Gaetano Bresci: compagno italiano che giustiziò il re Umberto I nel 1900; Mateo Morral: compagno che cercò di giustiziare il re Alfonso XIII di Spagna con un attentato esplosivo nel 1906.
[2] Sebbene questo testo non è ascrivibile alle gente di Marzo Anarquista, esso è scaturito nel vivo delle discussioni e dei dibattiti attorno all'azione: "un contributo al dibattito tra anarchici" da parte di un militante. Può esser letto su: http://www.hommodolars.org/web/spip...
[3] Efraín Plaza Olmedo: compagno anarchico che giustiziò 2 borghesi in pieno centro di Santiago del Cile nel 1912; Antonio Ramon Ramon: compagno che cercò di giustiziare il generale Silva Renard nel 1914 per vendicare i morti della mattanza di Santa Maria.

giovedì 18 marzo 2010

John Zerzan: "Bisogna distruggere l'apparato tecnologico" - Errata-Corrige

L'intervista, in spagnolo, del periodico Diagonal a John Zerzan presentava un grave errore, che stravolgeva completamente il pensiero di John.
Zerzan non ha mai sostenuto che "la tecnologia in sé è neutrale", ma proprio il contrario "la tecnologia in se stessa non è neutrale". Correggiamo volentieri l'errore, effettuato dal giornalista spagnolo, e ringraziamo Marco Camenisch per l'aiuto offerto.
Culmine
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Intervista effettuata dal periodico spagnolo Diagonal a John Zerzan
fonte:http://diagonalperiodico.net/Hay-que-destruir-el-aparato.html
traduzione: Culmine


Mercoledì 10 febbraio 2010 - Numero 119
DIAGONAL: In una recente intervista hai detto che stanno venendo fuori delle posizioni che mettono efficacemente in discussione la modernità e il progresso. Qual è la tua opinione sul movimento della decrescita e sulla sua capacità di risposta alla crisi economica globale?
JOHN ZERZAN: Un paio d'anni fa, a Barcellona, si è tenuta una discussione considerevole, in particolare da parte di gruppi francesi di questa tendenza. Alcuni aspiravano ad integrarsi nel gioco parlamentare, cosa che considero una cattiva idea e non so quale grado di radicalismo implica la loro proposta. Da un lato, alcuni dei loro concetti non vanno molto lontano, come le "città lente", gli "slow-food" o l'idea di semplificazione. D'altro lato, non hanno una gran portata perché mancano della critica sulla totalità del fenomeno. Tutto il mondo va verso la direzione della crescita industriale fuori da ogni controllo: la Cina, l'India e molti altri paesi avanzano con una rapidità verso tale realtà. Quindi, la decrescita potrebbe essere desiderabile, ma bisogna impostare una lotta concreta contro tutte queste dinamiche, istituzioni e forze che spingono verso l'altra direzione. Credo che promuovano qualcosa di sano ma, se scelgono la strada dell'integrazione in partiti verdi ed altri, credo che il loro obiettivo resterà compromesso dalla dinamica dei partiti, anche se talvolta sono capaci di trovare una via alternativa.
D.: Qual è la tua posizione teorica rispetto a questa lotta?
J.Z.: L'anti-industrialismo. Se non ci occupiamo noi di questo problema, evitiamo di attaccare la principale manifestazione della società di massa, in vigore da 9.000 anni. Non possiamo se non riconoscere una realtà che non rende felice quasi nessuno, nei confronti della quale stanno reagendo gruppi umani in tutti i continenti, in tutti i paesi. La società industriale avvelena l'aria, conduce alla schiavitù milioni di persone, annienta i popoli originari e le loro forme di vita. Al giorno d'oggi non si tratta nemmeno di nascondere la sua vera natura, i suoi agenti operano alla luce del giorno. Copenaghen è stato un disastro completamente prevedibile e Obama è un altro Bush, sembra che sia definitivamente terminata l'illusione e magari adesso possiamo affrontare i nostri veri problemi.
D.: Che opinione hai di Internet? E' un sintomo di addomesticamento o ha un peso specifico come strumento trasformatore?
J.Z.: Entrambe le cose, penso. Non so qui, ma negli USA passiamo la nostra vita davanti allo schermo. Siamo dediti a questo tipo d'interazione, suppongo per il livello di abbandono esistente. Oggi un amico è qualcuno che probabilmente non hai mai visto di persona, andiamo da tutti i lati con il cellulare incollato all'orecchio. Sembra che nessuno voglia esser presente in questo mondo sradicato, siamo sempre in un'altra parte. Ma non c'è un'altra parte. Questo mondo si definisce per la tecnologia, la tecno-cultura si espande a gran velocità, nonostante sia economicamente escludente. Ed alla base di questo processo c'è il post-modernismo, che si caratterizza per l'adozione incondizionata della tecnologia, così come per la perdita delle idee di causalità, valore o significato. C'è solo spazio per il momentaneo ed il triviale.
D.: Credi che questo sistema sia implementato dall'alto o si tratta di una deriva alla quale abbiamo lavorato noi stessi?
J.Z.: Credo che questa situazione provenga dal nostro sistema di consumo. Sarà impossibile affrontare efficacemente il problema senza applicare una critica radicale a questo fenomeno, perché la tecnologia in se stessa non è neutrale. Se non politicizziamo la questione del suo utilizzo e le radici della sua esistenza, sarà impossibile frenare questa situazione. Gli effetti negativi di questo modello sono visibili sulla salute fisica e mentale della nostra società. Per esempio, il fenomeno delle sparatorie nelle scuole e nelle istituzioni. Queste manifestazioni patologiche si producono nei paesi più sviluppati - USA, Finlandia o Germania-, come sintomi di una società disfunzionale, del vuoto di un mondo uniformato che sta terminando con l'idea di comunità e tanti altri concetti importanti nella nostra vita. Fino a che continueremo a puntare in una società tecnologica di massa, come fa la sinistra, non saremo capaci di liberarci da tutta questa zavorra, tornando ad un'esperienza diretta del mondo.
D.: Come affrontare il processo pratico per cambiare il modello?
J.Z.: Ponendo il problema sul tavolo, dandogli il rilievo che merita e insistendo sul ruolo centrale che deve giocare nella discussione pubblica. La nostra posizione implica la distruzione di tutto l'apparato tecnologico prima che ci distrugga e che elimini qualsiasi valore e contesto alla vita. Si tratta di ricollegarci con la terra, per questo la nostra fondamentale ispirazione ci è data dai modi di vita dei popoli indigeni.
D.: Cosa faresti se il sistema cadesse domani ed avessi la possibilità di intervenire e di implementare cambiamenti concreti?
J.Z.: Il problema è che la gran parte della popolazione delle grandi città morirebbe in tre giorni. Non dureremmo molto senza energia, con gli alimenti in putrefazione, senza la capacità di sopravvivere e con l'istinto atrofizzato. Non sapremmo cosa mangiare, quali sono lo piante, come fare un fuoco, cercare acqua, rifugio... Ci dobbiamo preparare per questo processo, perché la città è artificiale ed insostenibile e non rappresenta il mondo che dovremmo affrontare quando il sistema si fermerà... Inoltre, possedere quegli strumenti di sopravvivenza ci fornisce un potere politico, dandoci la sensazione di autonomia. Se vuoi venir fuori dal sistema, ma non hai queste conoscenze, alla fine sicuramente non ne sei capace.


http://culmine.noblogs.org/archives/2010/02/11

mercoledì 17 marzo 2010

LLAMAMIENTO PARA EL CHILE INSURGENTE

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Saludo de Marco Camenisch a lxs compas insurgentes y a los pueblos del Chile


Queridxs compañerxs insurrectxs y pueblos del Chile,

os saludo con el corazón lleno de preocupación y dolor por estos momentos de enorme tragedia que estáis sufriendo.
Pero, os saludo también con el corazón lleno de confianza en vuestra fuerza, práctica y experiencia autónoma y libertaria capaz de manejar y superar las enormes y dolorosas consecuencias de estos terribles acontecimientos.
Que, como bien sabemos, no son "catástrofes naturales" sino catástrofes de una civilización de muerte con su encarcelamiento de masas en lo que son las ciudades y en lo que son las dependencias totales producidas por este sistema destructivo, explotador y represor de la Tierra, de sus pueblos y de todas sus expresiones de vida.
Que, como bien sabemos, y vió todo el mundo con el brutal actuar de la canalla policíaca contra el pueblo hambriento, son explotadas de la chusma de la suciedad, lxs poderosxs del Estado-Capital y sus lacayos, no para ayudar a la población, sino como sabrosas ocasiones para actuar y legitimar, aún más totalitaria y descaradamente, la represión y la explotación de los pueblos afligidos de hambre, de tragedias y miseria.
Pero también sabemos que son catástrofes adonde nuestro compromiso como guerrerxs sociales e insurrectxs encuentra en nuestro compromiso en la superación de estas catástrofes las mejores ocasiones de dar unos pasos adelante en la superación de su origen, que es esta civilización del dominio patriarcal e imperialista.
Con todo mi corazón, con la más hermosa y fuerte solidaridad, un fuerte abrazo de amor y rabia a todxs vosotrxs.

Desde Suiza, vuestro compañero en cada dolor y lucha insurrecta,

marco camenisch
1 de marzo del 2010
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Ante la indómita fuerza de la naturaleza salvaje... así empieza un largo y circumstanciado informe, por parte de compañerxs anarquistas chilenxs, sobre lo que pasó en Chile a partir del fuerte terremoto del 27 de febrero del 2010. Pero, como bien subraya Marco, no se trató de una catástrofe natural sino de una catástrofe de una civilización de muerte con su encarcelamiento de masas en lo que son las ciudades y en lo que son las dependencias totales producidas por este sistema destructivo, explotador y represor de la Tierra, de sus pueblos y de todas sus expresiones de vida.
Conscientes del hecho que no podemos esperar a los eventos naturales para la destrucción de la civilización nosotrxs -individualidades antiautoritarias- consideramos al compromiso activo y en primera persona como el único camino que hay que recorrer para llegar a tal objetivo.
Los terremotos pueden también liberar a lxs presxs y favorecer el saqueo de los centros comerciales, pero solo la revuelta puede destruir verdaderamente las cárceles y sus carceleros, el Capital y sus defensores.
Nuestrxs compañerxs, y nosotrxs con ellxs, no quieren que el terremoto pare o detenga el camino insurreccional que desde hace años inflama el movimiento anarquista chileno. Camino caracterizado por la ayuda concreta a lxs presxs revolucionarixs, lxs presxs politicxs mapuche, y por el ataque, con petróleo y dinamita, a los engrananjes del sistema destructor de la Tierra.
¡A fortalecer las redes afines de solidaridad!
¡Las viejas estructuras del Capital…no caerán por si solas!
Culmine


No para reconstruir, sino para derribar, se lanza una subscripción cómplice y solidaria. Considerada la imposibilidad técnica y represiva de una cuenta chilena de referencia, Culmine pone a disposición la siguiente cuenta corriente de Poste Italiane:

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lunedì 15 marzo 2010

APPELLO PER IL CILE INSORTO


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Saluto di Marco Camenisch alle compagne ed ai compagni insorte/i ed ai popoli del Cile


Care/i compagne/i insorte/i e popoli del Cile,
vi saluto con il cuore pieno di preoccupazione e dolore per questi momenti d'enorme tragedia che state soffrendo.
Ma vi saluto anche con il cuore pieno di fiducia nelle vostre forze, pratiche ed esperienze autonome e libertarie capaci di affrontare e superare le enormi e dolorose conseguenze di questi terribili avvenimenti.
Che, come ben sappiamo, non sono "catastrofi naturali", bensì catastrofi di una civilizzazione di morte con i suoi imprigionamenti di massa in quelle che sono le città ed in quelle che sono le dipendenze totali prodotte da questo sistema distruttivo, sfruttatore e repressore della Terra, dei suoi popoli e di tutte le sue espressioni di vita.
Che, come ben sappiamo, e tutto il mondo ha visto con il brutale modo d'agire della feccia sbirresca contro il popolo in fame, sono sfruttate dalla feccia di questa sporca società, vale a dire dai potenti dello Stato e del Capitale e dai loro servi, non per soccorrere le popolazioni, ma come occasioni ghiotte per mettere in atto e legittimare, in modo sempre più totalitario e spudorato, la repressione e lo sfruttamento dei popoli colpiti dalla fame, dalle disgrazie e dalla miseria.
Ma sappiamo anche che sono catastrofi dove il nostro impegno insurrezionale come guerriere/i sociali può, nei nostri sforzi per il loro superamento, trovare le migliori occasioni per fare dei passi in avanti nel superare la loro origine, che è questa civiltà del dominio patriarcale ed imperialista.
Con tutto il mio cuore, con la più cara e forte solidarietà, un forte abbraccio d'amore e rabbia a tutte/i voi.

dalla Svizzera, il vostro compagno nel dolore e nella lotta insorgente,
marco camenisch
1 marzo 2010
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Di fronte all'indomita forza della natura selvaggia... inizia così un lungo e dettagliato resoconto, da parte dei compagni anarchici cileni, sul quel che è accaduto in Cile a partire dalla forte scossa di terremoto del 27 febbraio 2010. Ma, come ben sottolinea Marco, non si è trattato di una catastrofe naturale bensì di una civilizzazione di morte con i suoi imprigionamenti di massa in quelle che sono le città ed in quelle che sono le dipendenze totali prodotte da questo sistema distruttivo, sfruttatore e repressore della Terra, dei suoi popoli e di tutte le sue espressioni di vita.
Consci del fatto che non possiamo attendere gli eventi naturali per la distruzione della civilizzazione, noi - individualità antiautoritarie- consideriamo l'impegno attivo ed in prima persona l'unica strada da percorrere per giungere a tale obiettivo.
I terremoti possono anche liberare i prigionieri e favorire il saccheggio dei centri commerciali, ma solo la rivolta può veramente distruggere le carceri ed i suoi carcerieri, il Capitale ed i suoi difensori.
I nostri compagni, e noi con loro, non vogliono che il terremoto fermi o interrompa il percorso insurrezionale che da anni infiamma il movimento anarchico cileno. Percorso caratterizzato dal sostegno concreto ai prigionieri rivoluzionari ed ai prigionieri politici mapuche e dall'attacco, con petrolio e dinamite, agli ingranaggi del sistema distruttore della Terra.
Le vecchie strutture del Capitale... non cadranno da sole!
A rafforzare le reti affini di solidarietà!
Culmine



Non per ricostruire ma per continuare a demolire, si lancia una sottoscrizione complice e solidale. Considerata l'impossibilità tecnica e repressiva di un conto cileno di riferimento, Culmine mette a disposizione il seguente riferimento delle Poste Italiane per bollettini o bonifici:
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sabato 13 marzo 2010

Venezuela - L'anarchico Rafael Uzcátegui sul suo arresto del 12 marzo






Culmine traduce e diffonde l'articolo di Rafael, compagno anarchico che conosciamo personalmente. A lui e a tutti gli arrestati di ieri, 12 marzo, tutta la nostra solidarietà anarchica!
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In libertà i 27 arrestati di ieri a Maracay, in seguito alla repressione della protesta dei lavoratori - e un ringraziamento ai miei cari


Saltando tutte le più elementari regole del giornalismo, scrivo questa nota in prima persona. Dopo la convocazione da parte di alcuni sindacati per la realizzazione di una manifestazione nella città di Maracay contro le misure economiche, la criminalizzazione della protesta e la giustizia nel caso dei lavoratori assassinati per esigere miglioramenti lavorativi, 3 membri del gruppo di diritti umani Provea, tra i quali includo il sottoscritto, e due integranti del periodico El Libertario, tra i quali di nuovo mi includo, ci siamo diretti assieme a compagne e compagni di Caracas a dare la nostra solidarietà alle rivendicazioni operaie. Verso le 14, un gruppo costituito da 200-330 persone s'è riunito all'incrocio tra la Avenida Bolívar e Ayacucho di Maracay. Abbiamo riconosciuto alcuni volti, attivisti sindacali di sinistra di vecchia data e provenienti da diversi punti del Venezuela, ma la gran parte dei presenti erano affiliati a diverse organizzazioni sindacali, come la Unión Nacional de Trabajadores (UNETE). Il dispiegamento delle forze di polizia di Poliaragua (polizia dello Stato di Aragua) era sproporzionato e rapidamente ha proceduto a bloccare le 4 strade in cui si sarebbe potuta dirigere la manifestazione. L'atteggiamento delle autorità di polizia era di scontro, non permettendo lo svolgersi dell'iniziativa. Non appena trascorsi 30 minuti, la polizia ha iniziato a sparare gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti e procedere ai primi arresti. Dopo aver respirato i gas lacrimogeni ed essermi recuperato, ho accompagnato Robert González, segretario esecutivo della Federación de petroleros (sindacato dei lavoratori del petrolio) mentre stava rilasciando una intervista alla tv regionale TVS – Maracay, ma mentre parlava siamo stati circondati da un gruppo di oltre 30 agenti. Quando è terminata l'intervista, gli agenti si sono slanciati su di noi e a forza di spinte siamo stati caricati su dei camion. In quegli istanti mi hanno strappato di mano e fatto a pezzi lo striscione anarchico, che diceva: "Per l'autonomia libertaria e contro la repressione dei movimenti sociali". Eravamo in 12 all'interno del camion della polizia, tra essi due attivisti della Liga de Trabajadores por el Socialismo (LTS). Non ci hanno detto quali erano le accuse nei nostri confronti né la destinazione.
Giunti al commissariato generale dello Stato di Aragua tutti i detenuti, inclusa una donna, sono stati costretti a sedersi a terra. Ci hanno tolto i documenti d'identità e siamo stati condotti in un ufficio in cui hanno verificato i nostri dati. In un'altra stanza siamo stati costretti a spogliarci, mentre il nostro volto veniva filmato da una videocamera. Un poliziotto obeso ci domandava durante la ripresa: "Chi vi ha mandato?" Dopo, siamo stati condotti in 8 in una cella di 2 metri per 1, facendo compagnia ad un minorenne che ci ha informati di esser lì da 6 mesi per furto aggravato. Non ci potevamo sedere contemporaneamente. Il calore era soffocante, il minorenne urinava in una bottiglia di plastica. E' giunta una funzionaria, di grado minore della Procura, che ci ha detto che le accuse erano di "ostruzione alla via pubblica, istigazione a delinquere e resistenza all'autorità". Ha solo aggiunto che il giorno seguente saremmo dovuti comparire davanti al pubblico ministero. Nel frattempo sono arrivati diversi funzionari della Defensoría del Pueblo, e per loro intermediazione siamo usciti, dopo diverse ore. Due avvocati di Provea erano giunti da Caracas e, con essi, la notizia che le alte sfere avevano ordinato la nostra piena liberazione, così come la cancellazione del nostro passaggio in quel commissariato. Dopo un'attesa di un'altra ora ci hanno riconsegnato le nostre cose. Sotto gli effetti di quella che sembrava esser stata una grande pioggia, un nutrito gruppo di compagni e compagne ci stavano aspettando. Abbracci, baci, applausi ed un improvvisato presidio.
In poche ore la notizia del nostro arresto aveva fatto il giro del mondo. Molti compagni e compagne avevano mosso cielo e terra intercedendo per noi, alcuni comunicati già viaggiavano nel mare internauta in ripudio della repressione e chiedendo la nostra libertà. Le telefonate si succedevano da diversi punti del globo. Dalla capitale, rapidamente, s'è valutato il costo politico di avere 3 attivisti dei diritti umani in carcere e sia la Fiscal General come la Defensora del Pueblo, personalmente, hanno contattato le autorità regionali per esigere la nostra immediata liberazione. Magari ci fosse la stessa celerità per il resto dei casi degli arrestati durante le manifestazioni. Non ci sarebbero gli oltre 2.200 casi di persone sottoposte a giudizio dopo aver trascorso un'odissea come la nostra. Aver questo tipo di attenzioni è un triste privilegio. Comunque, resta il fatto che -ancora una volta- una manifestazione viene ostacolata e repressa dalle autorità: la qualcosa, ed i casi parlano da soli, s'è trasformata in una politica di Stato.
Una seconda riflessione ha e che vedere con quella che denominerò, stanco come sono e senza molte idee nella testa, la politica dello scandalo. La nostra rapida liberazione che, ripeto, non è il caso di decine di fatti simili, ma il frutto in buona misura del fatto che la notizia si sia diffusa all'istante attraverso le reti sociali, come Twitter, e soprattutto attraverso i mass-media non statali. Quel che costituisce un singolare paradosso è che la notizia sia stata amplificata da mezzi sui quali abbiamo profonde riserve, come Globovisión ed El Nacional, ma taciuta da mezzi che teoricamente ed ipoteticamente dovrebbero accompagnare le lotte popolari. Aporrea, per citare un rapido esempio. Per quella che si definisce "agencia popular alternativa de noticias, cartelera digital abierta e interactiva del movimiento popular y de los trabajadores" la manifestazione del 12 marzo a Maracay non è mai avvenuta -ma sì uno sciopero a Roma-, né la repressione, né gli arresti di oltre una ventina di lavoratori e dirigenti sindacali. Come ho già detto in altre occasioni, in Venezuela si deve contrastare l'informazione dei media "alternativi" con i mezzi privati e non il contrario, come avviene nel resto del mondo. Da tale situazione, un giorno, dovremmo trarre le dovute conclusioni.
Scrivo da casa mia, protetto dalla mia compagna e dalla mia cagna meticcia, adottata in una giornata di strada dell'Aproa (difesa degli animali). Se posso dormire in questa grata compagnia lo devo ad una infinità di amici ed amiche che rapidamente si sono attivati. Li devo ringraziare personalmente, non posso farlo in un elenco in cui potrei commettere l'ingiustizia di dimenticare qualcuno o qualcuna. Essi ed esse sanno chi sono e proprio adesso stanno ricevendo questo testo nella loro e-mail. Come essere umano, come anarchico e come difensore dei diritti umani spero di non defraudare la loro dedizione e di continuare in questo cammino che non è altro che l'accompagnamento ed il rafforzamento -passi questa superba pretesa- della lotta delle persone che si scontrano con il potere, per la dignità e per i diritti, che sono anche miei. Grazie.

Rafael Uzcátegui

13.03.2010
(Videos, texto y mas fotos en http://rafaeluzcategui.wordpress.com)

Per saperne di più sull'anarchismo in Venezuela: www.nodo50.org/ellibertario

venerdì 12 marzo 2010

Marco Camenisch - In nome di chi?


Una riflessione di Marco Camenisch su un fenomeno che si sta ripetendo negli ultimi tempi. Compagne e compagni, solitamente alla prima carcerazione, chiedono espressamente che non vengano fatte delle azioni in "loro nome", almeno fino alla data del processo. Spesso, o sempre, tali richieste fanno seguito a pressanti consigli da parte di avvocati, familiari e/o solidali.
Di qui la riflessione di Marco, che noi di Culmine sottoscriviamo.

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Sarebbe a mio avviso da raccomandare, quando s'è arrestate/i, di mai seguire i cosiddetti "buoni consigli" dati, per carità, con le massime buone intenzioni, d'avvocati e/o genitori (al seguito di "consigli" degli sbirri, naturalmente) e mai chiedere che non siano fatte azioni in proprio sostegno. Per due ragioni fondamentali, tra le varie:
1) Azioni in sostegno di chi è stato arrestato/a non sono azioni "in nome di chi" è stato arrestato/a ma sono, a maggior ragione se in ambito anarchico/informale, esclusivamente in sostegno di chi è stato/a arrestato/a e di pertinenza e responsabilità pratica, "giuridica" e politica di chi agisce e lotta fuori dalle mura;
2) Se e/o nella misura in cui è dato seguito a tale "indicazione da dentro", può da un lato avere proprio l'effetto contrario del -forse- voluto, vale a dire per la repressione può essere indicazione/verifica d'associazione e d'influenza organica della persona arrestata, "peggiorando" e non "migliorando" la sua posizione, ed inoltre, cosa più importante, sono "indicazioni" atte a seminare danni alla tenuta e continuazione della lotta fuori/dentro per le incertezze e le confusioni che seminano sulla "tenuta", le ragioni e le posizioni della persona arrestata nel momento più delicato di verifica per fuori e dentro. Sono, semmai, prese di posizione, da eventualmente meglio diffondere, motivare ed affermare in seguito e/o nel "processo politico", dove e solo allora possono, eventualmente, avere effetto "benefico" sulla durezza delle sanzioni senza danneggiare se stesse/i ed altre/i.

marco camenisch
, marzo 2010

lunedì 8 marzo 2010

Cile - L'indomita forza della natura selvaggia, aggiornamento del 6 marzo


Di fronte all'indomita forza della natura selvaggia. Alcune notizie dal terremoto.


fonte: comunicato anonimo inviato a Culmine, 06.03.2010

Il 27 febbraio, la natura selvaggia ha di nuovo fornito una dimostrazione della sua capacità con un terremoto di 8.8 della scala Richter sul territorio occupato dallo Stato del Cile con un saldo di 700 morti, fino ad ora. Sarebbe sbagliato avanzare delle considerazioni etiche su un fenomeno della natura che non si lascia dominare, pur tuttavia ci sono state delle conseguenze per gli sfruttati e per noi compagni che portiamo avanti la lotta da questa parte del mondo.

La stampa festeggia morbosamente e lancia il classico appello ai militari a riempire le strade. Di seguito le ultime informazioni, aggiornate al 6 marzo 2010, da questi territori:

- La scomparsa di alcuni compagni...

I contatti con le comunità mapuche e con i compagni antiautoritari su tutto il territorio colpito dal terremoto sono ancora piuttosto difficili, per questo l'informazione fornita può risultare incompleta sulla perdita di compagne e compagni.

Profondo il nostro dolore per la perdita del compagno Eric Vonjenstchick, scomparso per lo tsunami nell'isola Mocha, di fronte a Tirua. Eric è stato un membro della Rete d'Appoggio mapuche ed è stato processato e condannato nel 2008 con l'accusa d'aver dato alle fiamme un camion nelle vicinanze di Temuco, dopo la morte del fratello Matías Catrileo, il 3 gennaio dello stesso anno. Eric venne condannato a 3 anni di libertà vigilata. I suoni dei kultrun (tamburi mapuche) hanno accompagnato il suo funerale, come è avvenuto nella sua vita. Lo hanno seppellito nello stesso cimitero in cui si trova il corpo di Matias. Ci auguriamo che il suo spirito e quello degli altri compagni morti si fondano con le forze della natura selvaggia!

- Situazione di alcuni spazi occupati:


- Valparaíso/Spazio occupato "Odio Squat Punk": la mattina del 4 marzo un gruppo di poliziotti rossi (Partido Comunista) sgombera violentemente quest'occupazione, approfittando del caos e di alcune carte che certificherebbero il PC quale possessore di tale spazio. Come è costume del PC, con l'aiuto complice della polizia e delle forze speciali, viene effettuato lo sgombero dello spazio, permettendo che i compagni salvino le loro cose. Lo sgombero della proprietà del PC, con l'aiuto delle forze speciali, finisce senza detenuti. Fuoco e odio alla polizia ed ai desiderosi gestori del capitalismo di Stato!

- Santiago, La Cisterna/Okupa "La Bicicleta": alcuni danni, piccoli crolli e macerie. Lo spazio occupato persiste.

- Santiago, Barrio Yungay/Okupa "La Idea": il 4 marzo, la polizia e la PDI (Policía de Investigaciones) perquisiscono lo spazio approfittando dell'assenza dei compagni e della presenza di personale delle costruzioni Paz Froimovich (noti costruttori, padroni dello spazio e di diversi nuovi edifici caduti con il terremoto, provocando scandalo a livello pubblico e mediatico). La polizia denuncia l'esistenza di un furto/saccheggio di 5.000.000 di pesos cileni avvenuto in un locale dei costruttori, dopo il terremoto, accusando gli abitanti dello spazio occupato dell'esproprio. Approfittando delle circostanze e del contesto caotico, le autorità sono tornate a mostrare la faccia più brutale e l'avarizia di Paz Froimovich ha fatto demolire l'occupazione con tutto quel che c'era dentro, dinanzi ad una forte presenza di forze dell'ordine. A quanto pare, i compunti poliziotti ed architetti che tanto parlano di solidarietà nelle ipocrite campagne "Cile aiuta Cile", non hanno avuto schifo nel demolire una casa abitata. Che presto le loro miserabili case piene di lusso e di accumulo ardano per il fuoco vendicatore.

A moltiplicare e rafforzare le occupazioni!

- Santiago, Barrio Yungay/Okupa "Sacco y Vanzetti": caduta di una parte del tetto interno e sgretolamento di alcuni muri. Continua ad esser occupata ed a funzionare.

- Santiago Centro/Okupa "La Crota": caduta di parti di alcune mura e dell'intonaco della facciata. Continua ad esser occupata.

- Santiago Centro/Okupa "La Isla Tortuga": caduta di diversi muri e danni strutturali. I compagni hanno deciso di abbandonare il posto per motivi di sicurezza.

- Concepción:/Okupa "La Fábrica": notevoli danni strutturali, per cui i compagni hanno deciso di abbandonarla per motivi di sicurezza. Rilevanti le perdite materiali.

Solidarietà agli spazi in lotta contro l'autorità!

- Le cose "Dentro"

"Voglio sottolineare il lavoro che i funzionari della Gendarmería (polizia penitenziaria cilena -ndt), che hanno fatto ricorso alle loro armi di servizio per impedire un'evasione di maggiori dimensioni. Sappiamo che nella regione ci sono 7 detenuti morti per l'impatto dei proiettili sparati dagli agenti penitenziari e l'evasione s'è verificata per ragioni di forza maggiore."

Carlos Maldonado, ministro della Giustizia

Carceri:

In seguito al terremoto, il sistema penitenziario ha subito diversi danni ed è barcollata la sua superba sicurezza. Immediatamente 100 agenti antisommossa hanno viaggiato da Santiago al Sud per reprimere e trasferire i diversi prigionieri, mentre gli stessi carcerieri si sono dedicati a difendere i supermercati e gli elementi della produzione nelle zone più devastate.

Le autorità hanno ispezionato le carceri danneggiate ed hanno riconosciuto che i penitenziari di Molina, Constitución, Parral, Chanco, San Javier, Chillan e Buin (quest'ultimo nella Regione Metropolitana) dovranno esser chiusi per danni o crollo totale. Non si sa ancora quali tra questi saranno demoliti o recuperati.

Il nostro eterno sorriso è rivolto alla vista delle macerie delle gabbie, la nostra amarezza per i compagni prigionieri che non sono riusciti a scappare. Ricordiamoci che la distruzione delle carceri non avverrà solo per i terremoti.

Evasioni:

Il forte terremoto s'è trasformato nella scusa perfetta, la circostanza attesa da diversi sequestrati dallo Stato. Assieme al timore, all'ansia provocata dallo spazio limitato, per forza di cose è venuto fuori l'eterno desiderio di veder cadere la struttura che t'imprigiona. In alcuni casi questo è stato possibile, in altri s'è acuito il caos con incendi intenzionali e con sommosse.

A livello globale, le carceri dello Stato cileno nelle zone del centro e del sud hanno stimato un totale di 426 detenuti evasi, con diversi mezzi, ma sempre in seguito al terremoto.

Quattro i detenuti morti per la caduta di muri, di fronte alla codardia della Gendarmería che li ha lasciati rinchiusi nelle gabbie. Uno è morto per un incendio. Altri sette detenuti sono morti per le pallottole sparate dai carcerieri, per evitare evasioni o durante i tentativi di cattura, assieme ad un numero imprecisato di feriti. Non ci sarebbe stata l'evasione dal carcere Manzano I, anche se non c'è ancora una analisi dettagliata delle evasioni in ogni centro di sterminio.

Le forze repressive sono riuscite a catturare 152 evasi, per ora 274 continuano ad esser liberi. Probabilmente una delle evasioni più spettacolari è stata quella di Chillan, in cui dopo la caduta di un muraglione circa 290 detenuti sono fuggiti tra le case della città, con duri scontri con i carcerieri ed i poliziotti.

-Trasferimenti:

Estese operazioni delle forze repressive (Policía de Investigaciones, Carabineros, militari, gendarmi) hanno generato diversi trasferimenti di fronte ai gravi danni ai centri di sterminio. Dalle carceri di Los Angeles, Coronel e della Regione del Bio-Bio circa una centinaio di detenuti sono stati trasferiti nella prigione in concessione “Alto Bonito”, a Puerto Montt.

Nella zona più colpita, 1.200 detenuti di Concepción, Coronel, Los Angeles e

Chillan sono stati trasferiti nel carcere in concessione "El Manzano II", che stava per essere inaugurato. In questo carcere la multinazionale Sodexo gestisce l'alimentazione dei detenuti.

- Sui compagni:


Il 3 marzo, l'organizzazione mapuche che ha rivendicato diverse azioni incendiarie contro lo Stato cileno, la Coordinadora Arauco Malleco (C.A.M), con un comunicato ha chiesto alle autorità informazioni sulla situazione dei Prigionieri Politici Mapuche sequestrati nelle carceri di: El Manzano I, Lebu, Los Angeles, Angol, Collipulli, Victoria, Temuco, Valdivia, Chol Chol.

A Santiago, siamo venuti a sapere che tutti i compagni che si trovano sequestrati dallo Stato stanno bene e che nella gran parte dei casi ci sono stati un gran spavento, del disordine, piccoli tentativi di sommossa e le ansie nel vedere crollarsi addosso quelle tombe di cemento. I nostri compagni e compagna ed i loro penitenziari di Santiago del Cile:

C.A.S : Axel Osorio, Esteban Huiniguir, Marcelo Dotte

M.A.S: Marcelo Villarroel, Freddy Fuentevilla

Santiago 1: Matias Castro, Pablo Carvajal, Cristian Cancino

C.P.F: Flora Pavez

Ex – Penitenciaria: Sergio Vasquez, Alvaro Olivares

- SACCHEGGI:

Come già segnalato, l'ondata di saccheggi ha scosso in maniera immediata le zone colpite dal terremoto. La mancanza di viveri, la possibilità di spezzare la pace capitalista, di distruggere la proprietà privata o semplicemente di continuare ad accaparrarsi (in alcuni casi) hanno fatto sì che questa pratica si diffondesse in diverse regioni.

Nei saccheggi di massa possiamo vedere la negazione della merce e della proprietà privata, possiamo vedere come i bisogni umani divengono prioritari rispetto al mercato, ma allo stesso tempo possiamo assistere all'accaparramento ed alla stessa valorizzazione del mercato (alcune marche di vestiti, lenti ed oggetti in particolar modo). La realtà dei saccheggiatori, come la stessa realtà sociale è più vasta e complessa rispetto a quella fantasticata da molti marxisti. Non possiamo parlare di una realtà omogenea, con interessi comuni compatti. Quelli che hanno partecipato ai saccheggi sanno che, come nelle altre espressioni della rivolta, essa è molteplice e con diverse proiezioni e prospettive. Ed è così al punto che delle signore mentre saccheggiavano, allo stesso tempo gridavano ai militari di "normalizzare" la situazione. Non cerchiamo falsi "alleati" da tutti i lati.

Noi difendiamo e apprezziamo le azioni di saccheggio, come istintivo bisogno di negazione dell'autorità o come gesto pianificato d'attacco dei grandi accaparratori, ma non alimentiamo miti di una situazione pre-rivoluzionaria da "soviet liberi". I negozi sono stati saccheggiati ed in seguito incendiati come una istintiva dimostrazione di ripudio contro l'attuale ordine delle cose e per disperdere le forze della repressione, non per "sanità igienica" di fronte alla presunta scarsità dei prodotti come alcuni illusi credono. Le cose non funzionano così, come non si brucia la spazzatura delle barricate per un fine sanitario.

- Repressione contro i saccheggiatori:


Siccome opporsi all'autorità è un reato imperdonabile, sia a livello materiale che nel campo delle idee, il potere non perdona i saccheggi di massa dei suoi centri di accumulo degli alimenti e di altri oggetti. La risposta sarà sempre e solo una: repressione.

Idranti, gas lacrimogeni e spari hanno caratterizzato la situazione già nelle prime ore. Sbirri confusi ed isterici detective hanno sparato sia a Concepción che a Quilicura (Santiago). Con

il trascorrere del tempo e la disperazione dei media, le autorità hanno deciso di decretare lo "Stato di catastrofe", che significa l'occupazione militare delle strade e la designazione di un capo militare che decide le misure da prendere. Legalmente, questo nuovo stato di eccezione comporta la restrizione delle libertà di stampa e di proprietà (i militari possono occupare le case, se lo ritengono necessario), libertà d'espressione e di riunione, tra i già limitati diritti borghesi. Anche le pene per i reati commessi aumentano, come per esempio in caso di aggressione od offesa alla patria o alle forze di sicurezza.

Il 5 marzo la polizia perquisisce ed arresta dei poveri cittadini nel comune di Quilicura, a Santiago, tra i quali i fratelli Luis e Bernardo Pulgar Catrileo, Arturo Nuñez, Bastian Contreras e Jannet Fernandez. Nelle loro abitazioni sono stati scoperti dei pericolosi arsenali: zucchero, farina, tè, riso, pasta. Tutti accusati per il saccheggio al “Ofimarket” ed al supermercato Santa Isabel.

A Talcachuano, perquisiti e arrestati Miguel Aránguiz, Juan Moya, Francisco Neptalí, José Pino, Francisco Reyes e Patricio Reyes per la partecipazione ai saccheggi di supermercati e stazioni di servizio.

Il superbo potere ha sollecitato le immagini televisive per poter identificare i partecipanti ai saccheggi. In questo modo il procuratore nazionale Sabas Chahuán (lo stesso che segue il caso degli attentati dinamitardi) ha annunciato l'applicazione della legge Nº 16.282, che aggrava la commissione di reati nelle zone di catastrofe. Ma, assumendo uno spirito "umanitario", ha affermato che si valuterà caso per caso, nel caso in cui ci si trovasse di fronte alla sottrazione di oggetti di "prima necessità". Puah!

Solidarietà verso i saccheggiatori!!

Paranoia sociale o "milizie armate del proletariato insorto per la sua autodifesa"?


Di fronte ai ripetuti insulti dei giornalisti contro i saccheggiatori, di fronte all'indifferenza tipica dell'autorità verso le miserevoli condizioni degli sfruttati e la loro superbia nel trattare -sottovalutandoli- i bisogni urgenti di sopravvivenza, la stampa inizia a lanciare discredito sui saccheggiatori ed a fantasticare su orde di violenti che girano per le strade cercando di saccheggiare tutto quel che è possibile.

Non neghiamo che, effettivamente, ci sono stati dei saccheggi nelle case, per il motivo che alcune delle case saccheggiate appartenevano ai ricchi che in seguito al terremoto hanno abbandonato le proprie abitazioni. Tuttavia questi saccheggi non si sono estesi come quelli ai centri commerciali. Comunque hanno avuto l'effetto di provocare paranoia tra i cittadini, che di notte vedono o sentono "orde" che girano tra le case ed i quartieri, anche laddove la presenza delle forze di polizia o militari è forte.

Di fronte a questo timore, i cittadini si sono organizzati costituendo gruppi di difesa, in cui armati con tutto quel che hanno proteggono le proprie cose. Le prime immagini che sono giunte di queste organizzazioni di "autodifesa" sono relative a ricchi armati di mazze da golf, mazze da baseball ed armi da caccia sportiva. In seguito questa pratica di "autodifesa", accompagnata dal nervosismo mediatico, s'è estesa e nei diversi quartieri abitati da sfruttati. I cittadini si son messi a difendersi dinanzi al pericolo degli "altri". Sarebbe piuttosto maldestro valutare in questa pratica il proletario organizzato come ente sociale, con interessi comuni e diffusi. La verità è che si è prossimi a raggiungere la autonomia proletaria con la creazione della nuova società, a partire dalla amministrazione della nuova polizia.

Le immagini che sono giunte da questi comitati che lavoravano con la polizia per fermare chiunque non fosse del quartiere o non avesse le credenziali dei vicini hanno fatto sì che in quei luoghi non entrasse nessun estraneo. La paranoia è totale e la polizia svolge solo il ruolo di mediatore o inizia a sparare a casaccio durante la notte. Ed è cosi che ragazzi dei quartieri poveri vengono colpiti e picchiati sia dai poliziotti che dai cittadini spaventati dai saccheggi.

Non alimentiamo miti, i comitati armati di vicini non sono in sé una pratica rivoluzionaria. L'organizzazione orizzontale è un'arma gigantesca quando è capace di puntare alla distruzione dell'autorità e dell'autonomia e non quando instaura un nuovo regime autoritario. Non idealizziamo situazioni che solo cercano di giustificare il brutale coprifuoco ed il costante pattugliamento dei militari. L'autodifesa è una cosa, ma cercare nel quartiere vicino il nemico da crivellare con l'aiuto della polizia è un'altra.

- Coprifuoco e militarizzazione

Il coprifuoco è una ulteriore dimostrazione dell'espressione e dell'autorità poliziesca dello Stato.


Quando la situazione è divenuta complessa e la normalità è stata spezzata per diversi motivi, è stata autorizzata l'occupazione militare di diverse città. Allo stesso modo sono aumentati gli orari di coprifuoco, con il tentativo di farla finita con i saccheggi. Prima dalle 21 alle 7 del mattino successivo, adesso si è giunti ad una brutale detenzione di massa degli sfruttati con il coprifuoco che va dalle 18 alle ore 12 del giorno successivo. In pratica si hanno solo 6 ore al giorno per stare in giro per le strade e questa situazione perdura fino ad oggi.

Questi orari sono in vigore nelle regioni di Maule e Bio-Bio, con delle variazioni nelle diverse zone. I militari hanno fermato diverse persone che non hanno rispettato il coprifuoco, mentre i giornalisti passeggiano con i salvacondotti che permettono loro di circolare a qualsiasi ora.

Ogni nottata di coprifuoco termina con una trentina di fermati e con una forte presenza militare, con i blindati che pattugliano la città e proteggono i negozi. E' in tale contesto che un giovane viene ucciso a colpi d'arma da fuoco a Chiguayante, Concepción. Né la stampa, né le autorità riescono a fornire una versione credibile -si parla della difesa dei vicini contro un tentativo di saccheggio, del grilletto facile da parte dei militari, di una guerra tra bande rivali. Alla fine nessuno sa e a nessuno interessa quel che accade ai presunti saccheggiatori o a coloro che non rispettano il coprifuoco.

Ornai s'è creato il precedente alla presenza dei militari per le strade o al coprifuoco per il 29 marzo, in una nuova commemorazione della giornata del giovane combattente, che solitamente si festeggia con scontri notturni, tra le altre forme di ricordo.

Fuori le truppe di occupazione, fuori i soldati!

A rafforzare le reti affini di solidarietà!

Le vecchie strutture del Capitale... non cadranno da sole!


6 marzo 2010

-Anonimxs-