mercoledì 4 novembre 2009

Rivendicazione dell'attentato all'Hotel Marriott di Santiago del Cile

fonte: Fondazione Roscigna, 04.11.09

E' stato avvertito. E, prima di noi, altri compagni avevano fatto lo stesso avvertimento. La tranquillità del mondo che dà vita a difensori e amministratori di quest'ordine di fame e di schiavitù è finita.
Alle 13.45 di ieri 3 novembre un nutrito gruppo di compagni s'è burlato di tutti i sistemi di vigilanza e di controllo montati sul ghetto oriente degli sfruttatori della città di Santiago, per far detonare una potente carica esplosiva diretta a scoppiare nella hall principale dell'Hotel Marriott, sito in avenida Kennedy, comune di Las Condes, oltrepassando tutti gli stretti margini dei mezzi di disinformazione che nelle loro pagine hanno cercato di minimizzare il fatto in maniera ridicola.
Come segno di una umanità che gli sfruttatori non conoscono e delle quale veramente non meritano, abbiamo avvisato telefonicamente la reception 15 minuti prima dell'esplosione; soprattutto perché i lavoratori ingovernabili (se ve ne sono in quel luogo) potessero uscire fuori e rallegrarsi alla vista dell'Hotel Marriott mentre esplodeva (ai lavoratori complici abbiamo lasciato un avviso nel caso vogliano collaborare con la polizia). Se la reception ha obbedito agli ordini di non far perder minuti di lavoro sgomberando l'edificio ed ha inviato le guardie al servizio del padrone a morire per le loro briciole salariali, di questo i padroni dell'edificio sono gli unici responsabili.
Specifichiamo che quest'azione non è diretta a danneggiare o pregiudicare qualsiasi persona; siamo coscienti di chi stiamo attaccando. Attacchiamo direttamente le persone responsabili del sostenimento di quest'ordine putrefatto che si nutre del furto ai danni dei lavoratori per mezzo delle AFPs (fondi pensione - ndt), con lo sfruttamento lavorativo che utilizza il terrorismo padronale per convertire il lavoro in una domanda sociale che solo riproduce questa società schiavista, con la reclusione di persone in quartieri costruiti come carceri, i quali a loro volta riproducono la violenza capitalista promossa dagli sfruttatori, con l'esistenza di un sistema sanitario mercificato ed escludente che mantiene nell'incertezza la vita di milioni di persone, con il mantenimento di un sistema educativo che ha deviato e deformato la lotta assembleare portata avanti dagli studenti medi. Attacchiamo i privilegiati che sostengono a loro piacimento questa società sfruttatrice a base di sangue, morti, miseria e terrore permanente.
Insomma, non stiamo facendo altro che attaccare i veri terroristi, i padroni di questo mondo, i quali iniziano a sentire le conseguenze di questa guerra sociale stabilita da essi.
Lo reiteriamo: questo è un attacco cosciente, è un atto carico di contenuto libertario, è un atto di guerra, è un atto di espressione antiautoritaria pianificata ed eseguita con tutta la creatività di menti che cercano di esser libere. In questo percorso abbiamo optato per l'autonomia che ci permette di essere imprevedibili e di scegliere i nostri obiettivi secondo le nostre percezioni ed analisi. L'azione che abbiamo da poco effettuato ne è un esempio, un esempio della spontaneità che ci permette l'opzione citata e che ci permette anche di continuare con il nostro agire burlandoci costantemente degli apparati repressivi e di controllo di questo Stato terrorista.
Lo Stato non ha un'esistenza mitica né epica, nemmeno è frutto del consenso sociale, bensì è nato come apparato di potere assoluto rimpiazzando quello delle monarchie. Semplice teoria politica di base. Di quella politica il cui epicentro è l'Europa classica, genocida e xenofoba, quella che è esportata sotto diverse etichette a seconda del gusto dei consumatori bisognosi di formule, generalmente incarnate nelle figure dei suoi esponenti, che si vedono e si sentono (coscientemente o meno) chiamati ad illuminare con la "luce" del "vecchio mondo" questa morte sociale e schiavista. In questo mondo siamo nati. In questo mondo si sostiene la figura dello Stato, la ragion d'essere di tutti gli Stati. Sotto questi Stati siamo cresciuti. Ma noi li rinneghiamo. Rinneghiamo e rinunciamo al loro potere su di noi. Rinunciamo alla nazionalità imposta, dichiarandoci Apolidi. La guerra già è stata dichiarata. L'esistenza degli Stati l'ha dichiarata.
Comprendiamo che l'esistenza dei dominatori all'interno di una società, borghesi o burocrati che siano, ha una relazione diretta con l'esistenza dello Stato. Sono essi che lo costituiscono, lo riproducono e lo rafforzano, potenziando e estendendo le relazioni sociali basate sull'autoritarismo e sul dominio su milioni di persone. Sono essi quelli che si credono "illuminati", quelli che si vedono favoriti dall'esistenza dello Stato. Quale esempio concreto possiamo menzionare quel che sta accadendo oggi nel Territorio Mapuche: una brutale repressione o persecuzione da parte dello Stato cileno contro i weichafes (guerrieri) con l'unico scopo di difendere gli interessi dei citati dominatori.
Attacco. Questa è la massima scelta da un notevole numero di organizzazioni in questa guerra sociale. Attacchiamo gli spazi fisici in cui si svolge la quotidianità degli sfruttatori. Attacchiamo i centri di pianificazione dell'occupazione economica e militare dei territori in cui abitiamo. Attacchiamo la simulata perfezione del violento mondo che rappresentano.
Questi esseri noi attacchiamo con la nostra azione, gli sfruttatori che mantengono vivo questo Stato terrorista; questo gendarme che difende i borghesi e i burocrati che, tuttavia, oggi non è riuscito a proteggere.
Oggi abbiamo bombardato quest'edificio, domani saranno altri.
Gli attacchi di questo tipo continueranno, si incrementeranno e si acuiranno... attenzione.
VIVA LA LOTTA INSURREZIONALE DEL POPOLO MAPUCHE PER LA SUA AUTONOMIA!
PER L'ESPLOSIONE DI QUESTO MONDO: ATTACCHI PIANIFICATI E DIRETTI AI CENTRI DEI DOMINATORI!
CHE PROLIFERINO I GRUPPI INFORMALI D'AZIONE ANTIAUTORITARIA!

Banda Dinamitera Efraín Plaza Olmedo
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Efraín Plaza Olmedo

nota biografica da Liberación Total

Efraín Plaza Olmedo: falegname e anarchico, leggeva scrittori come Max Stirner e gli piaceva scrivere, autore del testo “Cercati un revolver”. Credeva nell'azione individuale come forma di combattimento nella lotta contro il capitale e lo sfruttamento. Credeva anche che si dovesse esser armati in ogni momento, è per questo che nel 1909, a 23 anni, si comprò un revolver. Nell'inverno del 1912, Efraín si recò nel centro di Santiago del Cile con l'evidente intenzione di ammazzare qualche borghese. Sparò contro due rappresentanti della la classe alta, ammazzandoli. Poi cerò di darsi alla fuga, ma fu fermato dai cittadini che cercarono di linciarlo, mentre lui gridava: “Ho la soddisfazione di aver vendicato gli oppressi”.
Durante l'interrogatorio affermò che “egli pensava che solo con mezzi violenti poteva cercare di rimuovere l'attuale stato di cose”. Inoltre aggiungerà che il revolver l'aveva comprato “per dare la morte al Presidente Pedro Montt e ad alcuni capi militari responsabili della mattanza della Escuela Santa María”. Pedro Montt, che era stato presidente del Cile, era il responsabile diretto di quella mattanza, ma da diverso tempo se n'era andato in Europa, per cui Efraín non poté ammazzarlo.
Dopo la sua azione, la stampa e l'opinione pubblica si addentrarono nel sempre attuale dibattito sulla violenza. Alcuni anarchici, per mezzo del periodico “La Batalla”, diranno: “Fratello! Gli idioti ti chiamano assassino e noi ti chiamiamo giustiziere”. Invece i pompieri della rivolta, quelli che sempre cercano di smarcarsi parlando delle condizioni, lo catalogarono come un deviato mentale, dicendo che il suo modo d'agire rappresentava un individuo con una estrema sensibilità verso gli abusi del potere.
Durante il processo il procuratore, chiedendo al giudice di condannarlo, afferma che:
“L'imputato reo Plaza Olmedo mantiene la sua dichiarazione in cui confessa di essere l'autore del duplice crimine (...) che uscì di casa con il revolver in tasca deciso ad ammazzare un borghese (...) che dopo la mattanza degli operai di Iquique, avvenuta tempo prima, aumentò la sua indignazione la catastrofe nella miniera ‘El Teniente’ e per questo decise di attaccare la borghesia per vendicare la classe operaia. Insiste nel fatto che il crimine è stato commesso con tutta la premeditazione e ripete che le sue idee sono anarchiche”.
Verso la metà del maggio 1913, Efraín riceve una condanna a 20 anni di carcere, oltre delle pene accessorie per ognuno degli omicidi, con l'attenuante della irreprensibile condotta anteriore, che gli ha impedito la condanna a morte.
Una volta in carcere, Plaza Olmedo continuerà con le sue azioni di protesta. Una serie di comunicati inviati ai suoi compagni de “La Batalla”, informavano che il direttore lo costringere ad assistere alla messa della domenica dopo averlo fatto ammanettare e picchiare dai gendarmi. Ciò nonostante egli non lasciava che il prete pronunciasse una sola parola, insultando sia lui, che i gendarmi e il giudice. Di ritorno in cella, continuava con gli improperi contro il sacerdote ed il giudice, per cui cercavano di ammanettarlo mani e piedi, ma lui resistiva colpendo a sua volta i carcerieri.
I suoi costanti disordini sfoceranno in innumerevoli conflitti. Cercò di propagandare il suo ideale anche tra gli altri reclusi. Gli scioperi della fame e le sommosse si moltiplicarono, così come i reclami di fronte alle autorità della Penitenciaría de Santiago. Per questo venne punito con una reclusione solitaria e senza diritto a colloqui per 4 anni. In seguito fu trasferito alla Penitenciaría de Talca, per spezzare i legami con i suoi compagni. Ma l'appoggio ad Efraín da parte della stampa anarchica e da individualità aumentò.
Il movimento militare dei giovani ufficiali dell'esercito, con la sua svolta a sinistra del gennaio 1925, nel tentativo di guadagnare simpatie operaie, dichiara l'indulto per Efraín. La prima domenica di marzo 1925, esce dalla Penitenciaría de Talca all'età di 39 anni, con 13 anni di prigionia politica e 56 mesi d'isolamento totale alle spalle. Al giornale Acción Directa dirà: “Il carcere non mi ha afflitto, compagni! Io ho sempre vissuto al margine del dolore nel carcere”. Da allora parteciperà attivamente alle mobilitazioni degli inquilini di Santiago, per un ribasso degli affitti e per il miglioramento delle condizioni di vita dei settori popolari urbani.
Il 27 aprile 1925 un corpo viene rinvenuto ai margini della strada per Conchalí, vicino ad un canale e sotto un robusto salice. Era Efraín Plaza Olmedo. La stampa anarchica affermerà: “Suicidio o assassinio? Non ci interessa. Ad ogni modo additiamo il capitalismo, additiamo lo Stato, come i grandi responsabili della morte di quest'uomo che con la sua parola ripiena di bontà e d'amore e con la sua azione rivoluzionaria ha fatto vacillare i loro interessi bastardi”.

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