sabato 13 marzo 2010

Venezuela - L'anarchico Rafael Uzcátegui sul suo arresto del 12 marzo






Culmine traduce e diffonde l'articolo di Rafael, compagno anarchico che conosciamo personalmente. A lui e a tutti gli arrestati di ieri, 12 marzo, tutta la nostra solidarietà anarchica!
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In libertà i 27 arrestati di ieri a Maracay, in seguito alla repressione della protesta dei lavoratori - e un ringraziamento ai miei cari


Saltando tutte le più elementari regole del giornalismo, scrivo questa nota in prima persona. Dopo la convocazione da parte di alcuni sindacati per la realizzazione di una manifestazione nella città di Maracay contro le misure economiche, la criminalizzazione della protesta e la giustizia nel caso dei lavoratori assassinati per esigere miglioramenti lavorativi, 3 membri del gruppo di diritti umani Provea, tra i quali includo il sottoscritto, e due integranti del periodico El Libertario, tra i quali di nuovo mi includo, ci siamo diretti assieme a compagne e compagni di Caracas a dare la nostra solidarietà alle rivendicazioni operaie. Verso le 14, un gruppo costituito da 200-330 persone s'è riunito all'incrocio tra la Avenida Bolívar e Ayacucho di Maracay. Abbiamo riconosciuto alcuni volti, attivisti sindacali di sinistra di vecchia data e provenienti da diversi punti del Venezuela, ma la gran parte dei presenti erano affiliati a diverse organizzazioni sindacali, come la Unión Nacional de Trabajadores (UNETE). Il dispiegamento delle forze di polizia di Poliaragua (polizia dello Stato di Aragua) era sproporzionato e rapidamente ha proceduto a bloccare le 4 strade in cui si sarebbe potuta dirigere la manifestazione. L'atteggiamento delle autorità di polizia era di scontro, non permettendo lo svolgersi dell'iniziativa. Non appena trascorsi 30 minuti, la polizia ha iniziato a sparare gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti e procedere ai primi arresti. Dopo aver respirato i gas lacrimogeni ed essermi recuperato, ho accompagnato Robert González, segretario esecutivo della Federación de petroleros (sindacato dei lavoratori del petrolio) mentre stava rilasciando una intervista alla tv regionale TVS – Maracay, ma mentre parlava siamo stati circondati da un gruppo di oltre 30 agenti. Quando è terminata l'intervista, gli agenti si sono slanciati su di noi e a forza di spinte siamo stati caricati su dei camion. In quegli istanti mi hanno strappato di mano e fatto a pezzi lo striscione anarchico, che diceva: "Per l'autonomia libertaria e contro la repressione dei movimenti sociali". Eravamo in 12 all'interno del camion della polizia, tra essi due attivisti della Liga de Trabajadores por el Socialismo (LTS). Non ci hanno detto quali erano le accuse nei nostri confronti né la destinazione.
Giunti al commissariato generale dello Stato di Aragua tutti i detenuti, inclusa una donna, sono stati costretti a sedersi a terra. Ci hanno tolto i documenti d'identità e siamo stati condotti in un ufficio in cui hanno verificato i nostri dati. In un'altra stanza siamo stati costretti a spogliarci, mentre il nostro volto veniva filmato da una videocamera. Un poliziotto obeso ci domandava durante la ripresa: "Chi vi ha mandato?" Dopo, siamo stati condotti in 8 in una cella di 2 metri per 1, facendo compagnia ad un minorenne che ci ha informati di esser lì da 6 mesi per furto aggravato. Non ci potevamo sedere contemporaneamente. Il calore era soffocante, il minorenne urinava in una bottiglia di plastica. E' giunta una funzionaria, di grado minore della Procura, che ci ha detto che le accuse erano di "ostruzione alla via pubblica, istigazione a delinquere e resistenza all'autorità". Ha solo aggiunto che il giorno seguente saremmo dovuti comparire davanti al pubblico ministero. Nel frattempo sono arrivati diversi funzionari della Defensoría del Pueblo, e per loro intermediazione siamo usciti, dopo diverse ore. Due avvocati di Provea erano giunti da Caracas e, con essi, la notizia che le alte sfere avevano ordinato la nostra piena liberazione, così come la cancellazione del nostro passaggio in quel commissariato. Dopo un'attesa di un'altra ora ci hanno riconsegnato le nostre cose. Sotto gli effetti di quella che sembrava esser stata una grande pioggia, un nutrito gruppo di compagni e compagne ci stavano aspettando. Abbracci, baci, applausi ed un improvvisato presidio.
In poche ore la notizia del nostro arresto aveva fatto il giro del mondo. Molti compagni e compagne avevano mosso cielo e terra intercedendo per noi, alcuni comunicati già viaggiavano nel mare internauta in ripudio della repressione e chiedendo la nostra libertà. Le telefonate si succedevano da diversi punti del globo. Dalla capitale, rapidamente, s'è valutato il costo politico di avere 3 attivisti dei diritti umani in carcere e sia la Fiscal General come la Defensora del Pueblo, personalmente, hanno contattato le autorità regionali per esigere la nostra immediata liberazione. Magari ci fosse la stessa celerità per il resto dei casi degli arrestati durante le manifestazioni. Non ci sarebbero gli oltre 2.200 casi di persone sottoposte a giudizio dopo aver trascorso un'odissea come la nostra. Aver questo tipo di attenzioni è un triste privilegio. Comunque, resta il fatto che -ancora una volta- una manifestazione viene ostacolata e repressa dalle autorità: la qualcosa, ed i casi parlano da soli, s'è trasformata in una politica di Stato.
Una seconda riflessione ha e che vedere con quella che denominerò, stanco come sono e senza molte idee nella testa, la politica dello scandalo. La nostra rapida liberazione che, ripeto, non è il caso di decine di fatti simili, ma il frutto in buona misura del fatto che la notizia si sia diffusa all'istante attraverso le reti sociali, come Twitter, e soprattutto attraverso i mass-media non statali. Quel che costituisce un singolare paradosso è che la notizia sia stata amplificata da mezzi sui quali abbiamo profonde riserve, come Globovisión ed El Nacional, ma taciuta da mezzi che teoricamente ed ipoteticamente dovrebbero accompagnare le lotte popolari. Aporrea, per citare un rapido esempio. Per quella che si definisce "agencia popular alternativa de noticias, cartelera digital abierta e interactiva del movimiento popular y de los trabajadores" la manifestazione del 12 marzo a Maracay non è mai avvenuta -ma sì uno sciopero a Roma-, né la repressione, né gli arresti di oltre una ventina di lavoratori e dirigenti sindacali. Come ho già detto in altre occasioni, in Venezuela si deve contrastare l'informazione dei media "alternativi" con i mezzi privati e non il contrario, come avviene nel resto del mondo. Da tale situazione, un giorno, dovremmo trarre le dovute conclusioni.
Scrivo da casa mia, protetto dalla mia compagna e dalla mia cagna meticcia, adottata in una giornata di strada dell'Aproa (difesa degli animali). Se posso dormire in questa grata compagnia lo devo ad una infinità di amici ed amiche che rapidamente si sono attivati. Li devo ringraziare personalmente, non posso farlo in un elenco in cui potrei commettere l'ingiustizia di dimenticare qualcuno o qualcuna. Essi ed esse sanno chi sono e proprio adesso stanno ricevendo questo testo nella loro e-mail. Come essere umano, come anarchico e come difensore dei diritti umani spero di non defraudare la loro dedizione e di continuare in questo cammino che non è altro che l'accompagnamento ed il rafforzamento -passi questa superba pretesa- della lotta delle persone che si scontrano con il potere, per la dignità e per i diritti, che sono anche miei. Grazie.

Rafael Uzcátegui

13.03.2010
(Videos, texto y mas fotos en http://rafaeluzcategui.wordpress.com)

Per saperne di più sull'anarchismo in Venezuela: www.nodo50.org/ellibertario

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