sabato 16 gennaio 2010

"La vendetta di Prometeo"

-sullo sciopero della fame dei prigionieri anarchici dal 20 dicembre al 1 gennaio-

Con l'edizione del presente opuscolo, abbiamo l'intenzione di far conoscere la lotta che è stata da poco portata avanti da alcuni prigionieri anarchici sequestrati dallo Stato in diverse parti del mondo, stavolta utilizzando la modalità dello sciopero della fame, iniziativa che si è tenuta dal 20 dicembre al 1 gennaio (eccetto Marco Camenisch e Gabriel Pombo Da Silva, che hanno iniziato lo sciopero il 18 in solidarietà con i prigionieri turchi e in ricordo con gli assassinati nelle carceri di quel paese).
La particolarità di questo sciopero è consistita nel fatto che non si è trattato di un metodo di lotta per l'ottenimento di miglioramenti carcerari e/o per avanzare gli iter legali per la "libertà" degli arrestati, bensì come ha ben espresso il suo promotore, Gabriel:
"Non ci sono punti rivendicativi, è un appello, un gesto d'amore, un appello alla lotta ed a continuare a lottare... noi non vogliamo carceri dalle sbarre d'oro, vogliamo distruggere la società carceraria... E' un evidente appello alla lotta, la lotta rivoluzionaria, non vogliamo che ci diano altro cibo, altre docce o altro lavoro, vogliamo distruggere tutte questa fottuta merda... iniziamo dai pochi che siamo, col desiderio di contagiare gli altri compagni, se fossimo liberi certamente non faremmo uno sciopero della fame, staremmo in prima linea, bruciando o prendendo o quel che sia... non staremmo perdendo il tempo qui, adesso l'unica cosa che ci resta da offrire è... un gesto degno ai compagni che sono caduti in lotta, specie Mauricio Morales... e tutta la gente che è caduta in questo cammino... ricordarli degnamente. Perciò, patire un po' di fame e allo stesso tempo sentirsi parte di un collettivo di individualità...".
D'altra parte, la risposta all'appello all'offensiva dall'altro lato delle mura è stata, perlomeno nel contesto latinoamericano, particolarmente forte, in intensità e continuità, se prendiamo in considerazione soprattuto il periodo di durata dello sciopero. Un'iniziativa che non era altro che un appello alla guerra, a ricordare i compagni caduti in combattimento (Mauricio Morales e Zoe) o assassinati dallo Stato nei suoi centri di sterminio (Agustín Rueda, Soledad Rosas, Paco Ortiz, Salvador Puig Antich, Xóse Tarrío…), non poteva far altro che scatenare per le strade le pratiche d'azione diretta, che sono quelle che dimostrano i valori reali degli insorti in tutto il pianeta, e le stesse che mantengono viva la possibilità reale dell'anarchia.
Tocca ai compagni prigionieri effettuare un bilancio/analisi sul significato di questo sciopero, noi possiamo parlare di quel che tocchiamo con mano nella nostra realtà più concreta...
A quanto pare, una buona parte degli anarchici latinoamericani ha deciso di approfondire gli attacchi e/o di iniziare un'offensiva più concreta e intensa, uscendo decisamente dal sopore delle assemblee, dalle processioni di carattere marziale inquadrate all'interno di quel che è tollerato dal sistema, e dall'equivoco dell'assistenzialismo/presa di distanza dai fratelli prigionieri.
Crediamo che si sia dimostrata nettamente l'efficacia dell'organizzazione informale tra le individualità con chiari propositi sovversivi, ben al di là dell'uso di acronimi o sigle.
Simboli dello Stato, del capitale, interessi della polizia, sono stati attaccati, incendiati o mitragliati. Il tutto, senza alcun comitato centrale né burocratico che ordini o meno di effettuare azioni o che assegni compiti, nonostante le fantasie delle carogne dei pennivendoli, dimostrando allo stesso modo come obsolete e pericolose le strutture statiche e formali (a volte semi-formali) delle antiche federazioni, per citare un esempio.
Noi vogliamo che si sia capita l'informalità come il mezzo di comunicazione e di prassi tra diversi anarchici e refrattari per portare avanti azioni che tendono a distruggere l'attuale stato delle cose, che tendono alla rivoluzione, senza il bisogno di riunioni settimanali né di estesi documenti redatti sotto un consenso comune negatore della individualità, principale motore nella volontà della lotta per la libertà.
Allo stesso modo intendiamo l'affinità.
Quando la rabbia, l'amore, la dignità sono superiori alla paura e alle certezze che ci offre il quotidiano, quando non ci lasciamo più consolare dai vari ciarlatani, professionisti dell'attesa e della manipolazione (alcuni persino con discorsi radicali) e comprendiamo che l'unico cammino per farsi strada in questo intreccio è l'azione, allora stiamo mettendo in pratica quel che desideriamo, una comunità composta da individualità libere, solidali ed antigerarchiche.
In tal senso, la molteplicità degli attacchi, così come la diffusione e la propaganda decentralizzata, permettono di augurare un buon panorama per la pratica insurrezionale nel contesto del Cono Sud, se non in tutta l'America latina.
E' anche vero che nella misura in cui cresce e si rafforza la possibilità anarchica in questa guerra sociale, lo stesso farà il nemico, con i suoi colpi repressivi, che sono una reazione attendibile e di fronte ai quali noi pensiamo che non ci possa essere alcun vittimismo (esempi ci vengono forniti da quel che avviene in Cile ed in Messico, in cui abbiamo compagni incarcerati con accuse gravi).
Anche per questo dobbiamo prepararci ed essere all'altezza, apprendendo dalle situazioni che sebbene sono accadute in altri contesti (Italia, Spagna), ci servono per trarre alcune conclusioni, visto che è provato che l'internazionalismo lo utilizzano gli sbirri di diverse nazioni quando si tratta di reprimere la dissidenza reale (le consulenze del persecutore Marini o la collaborazione dell'FBI con lo Stato cileno, lo dimostrano ben chiaramente). Pertanto, lanciamo un appello alla prudenza, ma mai all'inazione. Dobbiamo affilare la nostra progettualità e la nostra prospettiva per sferrare colpi sicuri sulla faccia del nemico, fino ad abbatterlo. Ad esser pronti e decisi.
Si avvicinano tempi duri, certo, tempi magari di delazione, di puro e semplice tradimento, ma sono tempi degni d'esser vissuti, molto più di quel che può affermare l'enorme massa degli zombie che passeggiano davanti alle vetrine delle grandi città, rinchiusi nelle loro prigioni, leccando le proprie sbarre...
L'affinità reale, la fratellanza tra sfruttati si costituiscono quando da un lato e dall'altro ci riconosciamo come prede in guerra (considerando che da un lato e dall'altro ci sono i rassegnati, i legalitari, i collaborazionisti).
E' nostro compito che non si spengano mai i fuochi della ribellione, né cessino le azioni in vendetta per i nostri fratelli assassinati o sequestrati.
E' nostro desiderio, per il quale diamo tutto, quello di riuscire a venir fuori dalla spirale azione/reazione...

Prigionieri in guerra... LIBERTA'

Algunas Anarquistas
Buenos Aires, estate 2010

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