mercoledì 6 maggio 2009

Consulenze italiane contro gli anarchici cileni?

Da una e-mail inviata anonimamente, il 5 maggio '09, al sito Hommodolars, s'informa della consulenza che alcuni sbirri italiani starebbero prestando alla repressione contro gli anarchici cileni e le decine di azioni esplosive e incendiarie che si susseguono in quel paese, azioni ancora addebitate ad ignoti. Repressori italiani sono stati negli anni scorsi in Argentina, dove hanno pedinato e fotografato i compagni più attivi, come dimostrato dal libro di un docente di criminologia de L'Aquila. Gli stessi repressori, tra i quali personaggi di spicco dell'antiterrorismo nazionale, sono stati nell'ottobre del 2008 nel carcere di Aachen (Germania) per interrogare Gabriel Pombo Da Silva sui suoi contatti con i compagni anarchici italiani. Oltre ad augurarci altri meravigliosi disastri aerei, come quello che ha colpito il capo dei carabineros cileni a Panama, non possiamo che salutare con gioia ogni scoppio di felicità che proviene dall'esplosivo movimento anarchico cileno.
Archivio Severino Di Giovanni


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Sul bisogno di stare attenti: la strategia poliziesca cilena ed i suoi legami con la razzia repressiva italiana

e-mail anonima invita a Hommodolars il 5 maggio 2009

Non è una novità per noi, o meglio non dovrebbe, il fatto che i gruppi d'intelligence delle polizie dei diversi stati siano strettamente collegati tra di loro e che lavorino insieme non solo per scambiarsi informazioni specifiche, ma con l'idea di apprendere i diversi meccanismi e strumenti di repressione, sia ideologici, che tecnologici e legali.
E' in tal senso che dobbiamo stare attenti ed informare che la polizia cilena sta ricevendo il sostegno, tra gli altri, da parte degli organismi d'intelligence della polizia italiana, così come è noto che qualche subordinato del magistrato Marini è stato in Cile. Non sappiamo da quando, ma può essere da sempre (non è un caso che in Italia gli sbirri si chiamino carabinieri). Questa consulenza viene fornita per le indagini relative agli oltre 90 attacchi alle istituzioni del potere degli ultimi anni, rivendicate da anarchici. La polizia cilena è disperata per non riuscire a mostrare risultati.
Il perché della consulenza della polizia italiana ha a che vedere con la razzia repressiva attuata da quegli sbirri nei cosiddetti “caso Marini” (1994) e “caso Cervantes” (2004).
Nel “caso Marini”, tra le altre, le accuse sono state suddivise in “associazione sovversiva”, “banda armata” e “ricettazione”. Ciò ha permesso che la razzia repressiva raggiungesse non solo coloro che ipoteticamente avevano effettuato i diversi attacchi al capitale, ma anche coloro che sono stati considerati come “rete d'appoggio”. S'è così configurata l'esistenza di una “organizzazione” con due livelli: “il primo livello aperto e pubblico, rappresentato dall'attività politica nell'ambito del movimento, dai dibattiti nei denominati centri sociali occupati, alle manifestazioni, le pubblicazioni e gli incontri”; ed un secondo livello “compartimentato ed occulto, la cui finalità è la commissione di attività illegali come attentati, rapine, sequestri di persona ed altri delitti...”.
Lo “stato italiano ha scatenato una operazione di razzia su quegli anarchici arcinoti per la continua attività durante anni. L'etichetta di colpevole è stata affibbiata a diversi compagni che già avevano pendenze giudiziarie.”
I dettagli giuridico-polizieschi in ambo i casi sarebbero piuttosto lunghi da narrare, oltre ad essere noiosi, ma in sintesi è importante sapere che hanno provocato un alto numero di perquisizioni e di arresti. L'intenzione era quella di costruire nella società l'immagine di una organizzazione anarchica insurrezionale, giustificando una “operazione punitiva, intimidatoria, non solo contro gli anarchici, ma contro tutti quelli che cercano di vedere oltre il pensiero unico e la domesticazione quotidiana. Chi si oppone al sistema è perquisito, schedato e può persino essere arrestato con accuse esorbitanti. Punire alcuni, quelli che sono a portata di mano, a qualsiasi costo, con la vana speranza che magari il resto apprenda. Tutto ciò sta a dimostrare che lo Stato/Capitale si fonda sulla diffusione del terrore e della paura; più in là della monotonia quotidiana non ci può essere nulla, solo la punizione per chi osa guardare oltre...”.
Riteniamo sia necessario che circoli quest'informazione e che sia conosciuta. Sappiamo già che la “nostra” ignoranza è una delle armi che hanno i potenti per mantenerci sotto il giogo. L'idea non è quella di cadere in una paranoia immobilizzante, in una specie di psicosi collettiva (anche se i codardi ci sono sempre stati), questo è quel che essi vogliono. Bisogna stare attenti, capire i chiari messaggi inviati dalla polizia per mezzo del suo storico alleato: la stampa. Sarebbe immorale (come minimo) che un anarchico, un sovversivo o un rivoluzionario si smarcasse da tutta questa storia. Ciascuno deve sapere bene sul lato della barricata in cui stare.

“…Per noi non ci sono colpevoli né innocenti, queste distinzioni sono valide solo per quelli che hanno assimilato i 'valori' del dominio capitalista...”

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